ARTICOLI:
Riccardi C. L'esperienza di un gruppo di Self Help per donne vittime di violenza in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 127-133
Costa V., Ciannella C., Sannino G. ArterApeutica "Esprimersi" e "Creare" quali strumenti del processo riabilitativo in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg.49-58
Barbato A., Ciannella C., Sannino G. "Fantasticando" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg.59-71
Cafieri L., Ciannella C., Sannino G. Gruppo "fotostorie":la Narrazione come processo attivo creatore di senso in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 72-86
Costa V., Grimaldi M., Coppola N., Sannino G., Disturbi del Comportamento Alimentare: "la cura attraverso la rete" esperienza del DSM Asl Na 3 Sud dist. 54 in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 91-99
Barbato A. Progetto: 2° Festival dell'Arte per la sicurezza stradala: "occhio alla strada" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 100-105
Barbato A., Cafieri L., Costa V., Riccardi C., "Anziani protagonisti di...benessere!" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 201-209
"Verso l'adozione .. di nuovi protocolli operativi" http://www.francoangeli.it/riviste/Scheda_rivista.aspx?IDArticolo=31859
Titolo Rivista: S & P SALUTE E PREVENZIONE
Autori/Curatori: Anna Avitabile, Alessia Barbato, Antonio Borrelli
Anno di pubblicazione: 2007 Fascicolo: 48
Riccardi C. L'esperienza di un gruppo di Self Help per donne vittime di violenza in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 127-133
Costa V., Ciannella C., Sannino G. ArterApeutica "Esprimersi" e "Creare" quali strumenti del processo riabilitativo in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg.49-58
Barbato A., Ciannella C., Sannino G. "Fantasticando" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg.59-71
Cafieri L., Ciannella C., Sannino G. Gruppo "fotostorie":la Narrazione come processo attivo creatore di senso in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°2 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 72-86
Costa V., Grimaldi M., Coppola N., Sannino G., Disturbi del Comportamento Alimentare: "la cura attraverso la rete" esperienza del DSM Asl Na 3 Sud dist. 54 in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 91-99
Barbato A. Progetto: 2° Festival dell'Arte per la sicurezza stradala: "occhio alla strada" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 100-105
Barbato A., Cafieri L., Costa V., Riccardi C., "Anziani protagonisti di...benessere!" in Giornale dell'Ordine degli Psicologi. Anno XIV n°3 – 2013 ISSN1825-0491, pagg. 201-209
"Verso l'adozione .. di nuovi protocolli operativi" http://www.francoangeli.it/riviste/Scheda_rivista.aspx?IDArticolo=31859
Titolo Rivista: S & P SALUTE E PREVENZIONE
Autori/Curatori: Anna Avitabile, Alessia Barbato, Antonio Borrelli
Anno di pubblicazione: 2007 Fascicolo: 48
La conoscenza come fattore di prevenzione:
L’amore che ammala Dott.ssa Vania Costa E’possibile dipendere da una persona come se questa fosse una droga? Negli ultimi anni le parole “amore” e “dipendenza” sembravano aver stretto un forte legame. Ognuno di noi è “dipendente” in qualche misura dagli altri, tutti noi abbiamo bisogno di approvazione, empatia, di conferme e ammirazione da parte “degli altri significativi” , per sostenerci e per regolare la nostra autostima. L’autentica indipendenza non è né possibile né auspicabile. Ma la dipendenza affettiva può raggiungere una forma così estrema da diventare patologica. Può accadere di trovarsi invischiati in una relazione “tossica”, ossessionati dall’importanza dell’altro al punto da perdere di vista se stessi. E’ evidente che alcune dipendenze fanno parlare di sé a causa di esiti spesso nefasti, altre indossano maschere da renderle socialmente più tollerate. Tra queste la più silente resta quella affettiva. Non dà effetti collaterali eclatanti (fatta eccezione per i casi decisamente gravi), non fa molto rumore, se non nella mente di chi ne è posseduto. Quando possiamo parlare di dipendenza affettiva? La dipendenza affettiva e' una condizione relazionale negativa che e' caratterizzata da una assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva e nelle sue manifestazioni all’interno della coppia, che tende a stressare e a creare nei “donatori d’amore a senso unico” malessere psicologico o fisico piuttosto che benessere e serenità. La dipendenza affettiva presenta le seguenti caratteristiche: L'Ebbrezza, il soggetto dipendente tende a star bene solo quando è in presenza della persona amata; la Dose, il dipendente affettivo tende ad aumentare le “dosi” di presenza/vicinanza della persona amata; La Perdita dell’Io, il dipendente aspira ad uno stato di “fusione” con l’amato che può compromettere le capacità critiche e l’esame di realtà della persona. L’amore che può essere definito una “droga” è uno stato affettivo che in una coppia normale è destinato a portare alla distruzione della relazione. Ma esso spesso si instaura in “coppie disfunzionali”, ossia in contesti relazionali-affettivi in cui in genere uno dei partner mostra segni di dipendenza verso l’altro e in cui si radica una tendenza ad alimentare questa forma di equilibrio paradossale della coppia fondato sul malessere. Il partner assume spesso il ruolo di un salvatore, di un “eroe”, che diviene lo scopo unico dell’esistenza, la cui assenza anche temporanea da al soggetto la sensazione di “non esistere” . Da un punto di vista comportamentale il “dipendente affettivo” è ossessionato dall’idea del partner e dal timore che egli lo possa abbandonare. Il partner diventa il “chiodo fisso” fino al punto di non riuscire a pensare ad altro (può trascurare la quotidianità, il lavoro, i figli ecc..). L’individuo dipendente evita ad ogni costo il cambiamento poiché questo potrebbe mettere a rischio il “rapporto”, e considerando che il rischio è rappresentato dall’abbandono, rinuncia ad ogni interesse e crescita personale (spesso anche professionale) “sacrificandosi” per il bene dell’altro. La stagnazione del rapporto spesso sortisce gli effetti opposti di quelli sperati poiché l’amore per definizione è un processo dinamico che si nutre dei cambiamenti e della crescita personale. Lo stato di continua tensione, l’ansia di poter perdere il partner, il terrore dell’abbandono, la possessività, paradossalmente impediscono al dipendente affettivo di vivere uno stato di vera intimità e genuinità con l’altro. Proprio come un parassita che vive grazie al “nutrimento” del organismo che lo ospita, si mette nella condizione di dipendere dell’altro per sentirsi vivo; egli rinuncia alle proprie aspettative, interessi e bisogni e fa propri i bisogni e i desideri dell’altro come se si dicesse “se muore (ovvero mi abbandona) l’organismo che mi ospita muoio anch’io”. Come naturale conseguenza il dipendente affettivo esaspera, al fine di ottenere il bisogno di sicurezza emotiva di cui necessità, gli atteggiamenti di possessività e controllo cercando di “ spiare” non solo i comportamenti ma anche i pensieri del partner. Anche la manipolazione diventa una strategia funzionale al bisogno di sicurezza (i ricatti affettivi possono essere frequenti come pure gesti auto lesivi o minacce di suicidio). Uscire dalla dipendenza, per quanto difficile e doloroso, non è impossibile. I percorsi terapeutici indicati consistono o nella terapia individuale o nella terapia di coppia. In entrambe le circostanze, l’aiuto di una terza persona esterna alla dinamica in atto, ovvero il terapeuta, può rivelarsi molto utile soprattutto perché si trova al di fuori di questo circolo vizioso. |
La conoscenza come fattore di prevenzione:
Il Gioco d’Azzardo Patologico Dott.ssa Vania Costa I conflitti, le paure, i pregiudizi spesso impediscono di comprendere che le ferite della psiche spesso sono più profonde di quelle del corpo e molto difficili da guarire; per tale motivo è molto arduo aiutare le persone che vivono un disagio psichico. Questa rubrica nasce con l’intanto di divulgare informazioni, nonché di sensibilizzare i cittadini per una maggior presa di coscienza sul problema della malattia psichica. Nel primo numero si è scelto di trattare un argomento di grande interesse negli ultimi tempi, stiamo parlando del Gioco d’Azzardo Patologico. Anche la nostra città sembra essersi interessata a tale fenomenologia, infatti, nel mese di novembre, si è svolto un convegno presso Villa Vannucchi proprio sul mercato del gioco, cercando di sviscerare quelle che sono le sue criticità e problematicità. Il gioco d’azzardo patologico noto anche come GAP coinvolge in Italia circa l’1,5% della popolazione per un totale di circa 600.000 individui. L’allarme sociale sulle problematiche legate al gioco d’azzardo riflette la diffusa percezione della crescente gravità del problema. La consistente invasione di poker-machines, l’esorbitante crescita dell’offerta di possibilità legali di scommettere ( “gratta e vinci” , lotto, superenalotto, centri scommesse della Snai, etc.) alimenta le speranze illusorie (il-ludere- entrare nel gioco) di molti , e sappiamo che il secondo tempo della speranza spesso si chiama de-lusione (sempre facendo riferimento all’etimo- uscita dal gioco-). Il gioco d’azzardo richiama un pensiero sul sottile confine tra normalità e patologia, tra divertimento e dipendenza. Il continuum tra gioco sociale e gioco patologico o tra gioco occasionale e gioco abituale non è un percorso obbligato, ma, in determinate circostanze o alla presenza di determinati fattori, elevato è il rischio che si sviluppino forme di dipendenza da gioco tanto gravi da sfociare nella patologia o nell’assunzione di condotte comportamentali a rischio principalmente in età adolescenziale. Un giocatore veramente “dipendente” è una persona in cui l’impulso per il gioco diviene un bisogno irrefrenabile e incontrollabile, al quale si accompagna una forte tensione emotiva ed una incapacità, parziale o totale, di ricorrere ad un pensiero riflessivo. Si può parlare di una vera e propria “dipendenza da gioco d’azzardo” se sono presenti i seguenti sintomi: tolleranza (bisogno di aumentare la quantità di gioco), astinenza (malessere legato ad ansietà e irritabilità, associati a comportamenti compulsivi) e perdita di controllo (incapacità di smettere di giocare pur volendolo fare). I costi sociali del gioco d’azzardo patologico investono diversi ambiti. Innanzitutto, fortemente coinvolta risulta essere la sfera familiare. Similmente infatti ad altre forme di dipendenza i costi, le sofferenze, i disagi, non sono pagati solamente dalla persona coinvolta ma anche dai suoi cari che debbono affrontare crisi economiche, convivere con un senso di impotenza, di sfiducia. Il gioco patologico inoltre può innescare una pericolosa spirale sul piano lavorativo vuoi attraverso le frequenti assenze dal luogo di lavoro, vuoi attraverso difficoltà, richieste di anticipi che spesso amplificano un percorso di progressiva discesa sociale o anche uscita dal circuito lavorativo. Un capitolo importante riguarda le attività illegali e di interesse penale che riguardano non solo la condotta del giocatore patologico ma anche gli interessi nel gioco da parte della criminalità organizzata. La complessità del problema (che investe il giocatore patologico a più livelli – individuale, familiare e sociale- impattando su più sfere della sua esistenza –psicologica, sanitaria, relazionale, economica, legale e quant’altro) necessità di una risposta pluridimensionale. Dal momento in cui il gioco d’azzardo patologico è stato riconosciuto come un vero e proprio disturbo psicologico, sono stati sviluppati programmi di intervento sul problema che spesso viene ormai affrontato in vere e proprie comunità di recupero. Considerato una dipendenza come quella da alcool o da droga, infatti, oggi il GAP è curato con psicoterapia e farmaci nei centri per le tossicodipendenze delle Asl. Sono i Ser.T, Servizi di patologie delle dipendenze, ad occuparsi di tali patologie svolgendo attività di prevenzione, educazione sanitaria, cura e riabilitazione. |